La mia storia

Resistere al cambiamento

Ti Senti più orso o salmone?
Di quest'argomento ne ho già parlato precedentemente (digitare "cambiamento" nel motore di ricerca in questa pagina e verranno fuori molti articoli) ma torno sull'argomento perchè questa volta voglio parlare del "cambiamento" o meglio della resistenza al cambiamento da parte di coloro che gestiscono l'azienda: amministratori, direttori, quadri, manager.

Mi ricordo che tempo fa, vidi in america un manifesto pubblicitario che mostrava un orso in mezzo ad un torrente tumultuoso, col collo teso al massimo, le mascelle spalancate e i denti, affilatissimi, in bella mostra;
l'orso stava per afferrare un inconsapevole salmone che stava saltando fuori dall'acqua. La didascalia diceva: "PROBABILMENTE VI SENTITE COME L'ORSO. NOI SOSPETTIAMO CHE SIATE IL SALMONE".

Questa pubblicità intendeva vendere un'assicurazione sull'invalidità, ma sono rimasto molto colpito dalla potenza del messaggio che metteva in evidenza come tutti noi ci inganniamo sui nostri risultati, sul nostro status, e sul nostro contributo in ambito professionale.

Noi collaborando a un progetto:

  • sopravvalutiamo il nostro effettivo apporto,
  • ci attribuiamo, parzialmente o completamente, il successo che in realtà appartiene ad altri,
  • abbiamo un'alta considerazione delle nostre capacità professionali e della nostra posizione tra i colleghi;
  • ignoriamo opportunisticamente i costosi insuccessi e le perdite di tempo dovute ai vicoli ciechi che abbiamo creato,
  • amplifichiamo l'impatto dei nostri progetti  sui profitti netti poichè ne sottovalutiamo i costi reali e nascosti (i costi sono un problema altrui, il successo invece è nostro).
I nostri "autoinganni" diventano un problema serio quando arriva il momento di cambiare: conserviamo infatti gli stessi sentimenti di onnipotenza e quando qualcuno cerca di correggere il nostro atteggiamento, reagiamo con profonda perplessità.

Tutto ciò si svolge in tre fasi:
  1. All'inizio pensiamo che il nostro interlocutore è confuso, è disinformato e non conosce il settore e di cosa sta parlando.
  2. Poi, man mano che ci emerge il dubbio su come abbiamo operato, cioè che non siamo stati onnipotenti,  pensiamo che l'altro non è confuso e cominciamo a negare: l'autocritica non ci appartiene, altrimenti non avremmo potuto fare ciò che abbiamo fatto.
  3. Infine, quando tutto il resto non funziona, attacchiamo l'altro, screditandolo: "Perchè un tipo intelligente come me", pensiamo, "dovrebbe ascoltare un incompetente come te".
E queste sono le prime reazioni, quelle superficiali.....

Nessun commento:

Posta un commento