Odiava i suoi avversari. Oggi, dobbiamo imparare dai nostri concorrenti. |
Questa è una frase attribuita a Gengis Khan e viene citata ripetutamente da alcuni "grandi" uomini della finanza, del business supercompetitivo di oggi. E voi, qual è il vostro giudizio su questo atteggiamento?
Dal mio punto di vista è una stupidaggine, perchè non è così che funziona, o che dovrebbe funzionare, il business.
Ovviamente non è che si debba restare con le mani in mano augurando ogni bene ai concorrenti. Tutti i manager agguerriti vogliono vincere: vogliono massimizzare il fatturato, la quota di mercato, i margini di profitto, ecc.
Ma i manager agguerriti si rendono conto altresì che i concorrenti, con tutti i fastidi che creano, hanno una funzione ben precisa. Ti obbligano a focalizzarti. Ti tengono sulle spine. E i migliori alzano continuamente l'asticella su tutti gli aspetti della performance, dall'innovazione alla logistica.
Senza concorrenti, le aziende finiscono per diventare grasse e pigre. Basta guardare tutti i monopoli burocratici che sono falliti, principalmente a causa del senso di appagamento e dell'arroganza che derivavano dal successo.
Di certo non vorrete lasciar vincere i vostri concorrenti; ma diversamente da Gengis Khan, confrontatevi con loro. Diventa vantaggioso per i clienti, per voi (anche se doloroso), e per il business nel suo complesso.
E leggendola in chiave individuale, quella citazione si rileva ugualmente impropria, anche per i più ambiziosi tra noi. Non voglio negare l'esistenza degli invidiosi (e personalmente ne conosco parecchi): è umano provare un certo sollievo (o peggio, una certa soddisfazione) quando un collega incappa in un errore. Ma le persone di maggior successo combattono strenuamente quella tendenza istintiva. Sanno che se gli altri fanno una brutta figura, non gliene viene alcun beneficio. Diventa solamente peggio per tutti.
La miglior cosa che possa accadere nel lavoro - e nella vita - è essere circondati da persone intelligenti e più bravi di noi (cerca nel motore di ricerca interno "quando il collaboratore diventa più bravo del capo"). Come avviene con i concorrenti difficili, impariamo da loro e miglioriamo grazie a loro. Quando sono bravi, lo diventiamo anche noi, imitandone l'esempio o lavorando insieme a loro.
Forse Mr. Khan poteva aver ragione 800 anni fa, quando combatteva con altri signori della guerra nelle pianure della Mongolia, ma il suo consiglio, al giorno d'oggi, appare del tutto fuori luogo.
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