Il perché modificare il rapporto di concorrenza/collaborazione per evitare un’area a profitto zero.

Quando un settore diventa maturo e le offerte delle varie aziende tendono a essere molto simili tra di loro, il settore rischia di trasformarsi in un’area a profitto zero. La contromisura che si è dimostrata più efficace nei confronti di un rischio insito di un’economia settoriale è quella di aumentare la collaborazione fra le sue principali aziende. La collaborazione può assumere svariate forme, fra le quali la condivisione di alcune funzioni amministrative, gli accordi di coproduzione o di condivisione di risorse, la collaborazione nelle attività di manutenzione e riparazione, il coordinamento degli acquisti e delle forniture, le attività congiunte di ricerca e sviluppo, il marketing collaborativo.
Quando il settore è nuovo e in crescita – e i margini sono molto elevati – ci si può permettere di avere un rapporto di concorrenza/collaborazione molto prossimo a 100/0. Tale rapporto comincia a modificarsi solo quando i margini si sono assottigliati, come è capitato per le linee aeree, le aziende automobilistiche, l’acciaio, l’informatica e i microcircuiti dei processori dei computer.
La sfida è quella di prevenire una minaccia e premunirsi nei suoi confronti, gettando in anticipo le fondamenta della collaborazione.
La vicenda di Airbus (cito questo caso, per facilità di riconoscimento aziendale, ma i casi sono a centinaia) rappresenta un’importante raggruppamento di aziende che riunendosi hanno evitato il rischio fallimento. Nei primi anni ’70, in Europa, le difficili condizioni economiche del settore non permettevano a molte di queste aziende di costruzioni aereonautiche di farcela da sole, senza alleanze. Alcune di loro, perciò, diedero vita ad un consorzio denominato appunto Airbus, che mise in comune risorse, eliminò ridondanze e duplicazioni, e consentì loro di rimanere competitive.

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